Nel 1966 il giornale Der Spiegel intervista Heidegger nel proprio studio, l’intervista viene concessa dal filosofo solo a patto che venga pubblicata dopo la sua morte.
L’argomento è l’adesione al nazismo del filosofo con la scrittura del Discorso sulla autoaffermazione dell’università tedesca del 1933.
Sebbene nasca da questa esigenza chiarificatrice, il vero nucleo dell’intervista in realtà si rivela essere l’enunciazione del destino della filosofia ovvero della sua fine.
Tematica che viene approfondita in maniera geniale in una conferenza del 1964 La fine della filosofia ed il compito del pensiero.
L’idea che emerge in tutta la sua lucida potenza è che la filosofia è alla fine, il che non significa assolutamente che è “venuta meno” o che sia semplicemente cessata. La fine della filosofia significa l’esser pienamente giunta al suo compimento nelle sue possibilità estreme. Mostrando allo stesso tempo la grandezza del suo progetto ed il suo limite.
Le scienze hanno soppiantato la filosofia, nelle scienze la filosofia si è dissolta.
Proprio partendo da questa lucidissima presa di coscienza ne corrisponde uno scenario ben preciso ovvero che il filosofo non è più in grado di mostrare alcuna via, alcun percorso alternativo.
La tecnica ha realizzato se stessa in maniera invincibile, la filosofia non è più in grado di prospettare delle strade alternative ammesso che ve ne siano, e proprio giunti a questo punto non resta altro che accolgliere l’idea che: Oramai solo un Dio ci può salvare. Ci resta come unica possibilità quella di preparare nel pensare e nel poetare ua disponibilità all’apparizione del Dio o all’assenza del Dio nel tramonto.