Ci sono poche cose di cui sono assolutamente sicuro.
Una di queste è l’appuntamento fisso con la signora delle camicie al sabato mattina alle 12 in punto.
Una sorta di confronto esatto con il mondo. Un appuntamento in cui si realizza un clamoroso capovolgimento, o almeno a me piace pensarlo così.
L’episodio è assimilabile per certi versi con l’incontro con lo psicoanalista, ma ha l’effetto diametralmente opposto. Io frequento la signora delle camicie per disimparare.
Per conoscere un punto di vista sul mondo lontanissimo del mio, che non mi dica assolutamente nulla di me.
Così per anni abbiamo parlato di amore, ossessioni, delle cattive condizioni meteo, dell’impermeabile di Ferruccio De Bortoli e perfino del compagno della signora sessantenne che fa la stiratrice nella sua lavanderia.
Una commistione di luoghi comuni, di piccole insignificanti certezze, di rassicurante banalità.
Io la frequento per questo, semplicemente perchè mi racconta il mondo come lo vedono tutti, fatto di bene e male, giusto e ingiusto, una versione semplificata.
Un surrogato ecco.
La amo quando si infervora, vorrebbe convincermi che il mondo va così, che l’amore è l’amore, che bisogna pur andare avanti, ed io l’ascolto estasiato.
Alle 12.30 squilla il telefono puntuale come una sveglia, è sua madre che l’invita al pranzo domenicale.
Io sorrido, faccio un cenno di saluto e vado via.