E’ in corso alla Fondazione Cartier a Parigi l’ultima mostra di Ron Mueck.
Artista iperrealista (mi domando sempre come si giunga a definizioni del genere e chi le inventa poi…) che mostra una realtà talmente realtà da finire per essere irreale.
Mueck è l’emblema del capovolgimento che esalta all’estremo non tanto quello che si vuole dire, ammesso che si abbia ancora qualcosa da dire, ma la modalità con cui si dicono le cose.
Trionfo della comunicazione intesa in senso deteriore, smarrito l’oggetto della comunicazione ne resta solo l’involucro, sottilissimo e leggero pronto a svolazzare seguendo semplicemente il vento.
Cosa si voglia dire nessuno lo sa, eppure anche il come dirlo è una forma d’arte, se solo pensiamo alla retorica classica di Quintiliano ad esempio.
L’oggetto scompare e resta solo il soggetto che finisce per osservare il vuoto, un vuoto certamente ben impacchettato, ma pur sempre vuoto.