too much...

il dentista

Questa volta l’anestesia tronculare non è andata bene, alle mani esperte e ferme del dottore non ha giovato neppure l’uso di un ago extra lungo. Il nervo è stato solo sfiorato.
Così ho subito un’otturazione senza anestesia.
Il dottore mi sembra mortificato, mi da una pacca sulla spalla, io mi giro, lo guardo e gli dico seriamente:
“Caro dottore non dobbiamo mai dimenticare che la medicina è un sapere soggetto a potente fallibilità e noi pazienti dobbiamo smetterla di avere una fiducia assoluta nei confronti della medicina”.
Lui mi guarda un pò interdetto e poi accenna un sorriso ed esce dalla stanza.

Standard
art

l’arte è modalità?

bb363ff7d4bc90d825829f803ae4b11f809c39df

E’ in corso alla Fondazione Cartier a Parigi l’ultima mostra di Ron Mueck.
Artista iperrealista (mi domando sempre come si giunga a definizioni del genere e chi le inventa poi…) che mostra una realtà talmente realtà da finire per essere irreale.
Mueck è l’emblema del capovolgimento che esalta all’estremo non tanto quello che si vuole dire, ammesso che si abbia ancora qualcosa da dire, ma la modalità con cui si dicono le cose.
Trionfo della comunicazione intesa in senso deteriore, smarrito l’oggetto della comunicazione ne resta solo l’involucro, sottilissimo e leggero pronto a svolazzare seguendo semplicemente il vento.
Cosa si voglia dire nessuno lo sa, eppure anche il come dirlo è una forma d’arte, se solo pensiamo alla retorica classica di Quintiliano ad esempio.
L’oggetto scompare e resta solo il soggetto che finisce per osservare il vuoto, un vuoto certamente ben impacchettato, ma pur sempre vuoto.

Standard
art

esperimento

Mi piacerebbe molto prendere una serie di libri della collana che vede protagonista Sandokan di Emilio Salgari e ridurli in brandelli, mescolare le pagine e comporre nuove storie.
Ho la sensazione che il risultato finale finirebbe per essere solo un gran caos indistinto, con sequenze temporali sconnesse, eventi illogici e confusi.

Standard
art

Conversation with Bart Eysink Smeets

During the Milan Design week I run into the project A.A.D. by Bart Eysink Smeets. Basically a fake character can be used in several different situations instead of a real one. I got so impressed that I asked Bart to explain a bit his project with a short interview.

Artificial Atmosphere Design is a project that is able to make you think about the juxtaposition of fake and real. It reminds me somehow Plato’s cave where lights and shadows create an artificial reality which seems to be real but it’s not.
The thing is that now you are turning upside down this idea, and suggesting to use something artificial which seems to be much more effective of something real.

ziekenhuis_4
Q. Can you please explain a little bit more in details how did you come up with this fascinating concept?

A. People have been choosing the fake over the real for a long time already. Think about fake flowers, taste enhancers, handwriting fonts and the whole porn industry.
This is an interesting fenomenon. Because, for example, fake flowers are made to give your house more character, while they are made of the most character-less material. In a way they are more perfect than real flowers, but it is that perfectness that makes it a bit creepy. I wanted to enlarge this effect, by making a perfect friend.

Woonkamer_1

Q. Are we really able to feel the difference between the presence of a real character or a fake one? And also are we sure that a real character can be better the the real?

A. In an amazing film about a real-doll (a lifelike woman made of silicone), Lars and the Real Girl, Lars has a relationship with a plastic woman. She is in a lot of ways more perfect than a real woman. It is the imperfections that we like about the real. Sometimes we forget that.
There have been studies on street safety, and than specific on the feeling of safety. It shows that people physically react as much to fake stuff (pictures of people, nature, eyes) as to the real. Even when they know it’s fake.

Verjaardag_4

Q. I think that there are endless situations where you can use an A.A.D, besides the ones represented on your website, can you suggest another situation?

A. The ones on my website are there to show that when you use something artificial to give a situation more atmosphere, most of the time it only shows the lack of atmosphere.
But when there is no other choice you could actually use A.A.D. for real. Like elderly homes, dark railway stations, big hotel lobby’s, governments, business meetings, etcetera.

Q. Are you working on other projects like this at the moment?

A. I am working on a big hotel in the middle of Amsterdam now which used to be a newspaper building. I’m going to make A.A.D.-like statues of the old genators and cleaning ladies. So there is already people there before it’s opened.
I also just finished a project in which I created my own merchandise. Just to show the uselessness of everything, but also showing that uselessness doesn’t have to be bad. It’s a project that people hate or love. I like that. Check it out on www.barteysinksmeets.nl

Standard
ah ah ah

Contributo ad una chiarificazione del termine quella persona

Dopo numerose accuse di esoterismo, di parlare con un linguaggio cifrato incomprensibile è venuto il momento di raccontare cosa si intende per quella persona.

Il problema del cominciamento è un problema radicale. Non si può che provare a dare una definizione che squarci l’oscurità a cui spesso si associa il termine in oggetto.

L’uso del termine deriva dalla necessità da un lato, di non nominare con un nome proprio la persona che si sta frequentando, mantenendo così una certa distanza, dall’altro proprio perchè quella persona è essa stessa un figura effimera, non rende necessario che venga nominata.

Come lo sono i sentimenti, come lo sono gli stati d’animo.

Unica metafora capace di esprimere il concetto è quella che pensa quella persona come una figura, anzi una figurante (al femminile) che passa nella vita del soggetto esattamente come quella sagoma che fa da sfondo ad una scena di teatro (sicuramente una tragedia).

Quella persona però identifica anche dei tratti comuni, e sui tratti comuni è bene che ognuno faccia chiarezza da sè.

Standard
ah ah ah

La signora delle camicie

Ci sono poche cose di cui sono assolutamente sicuro.
Una di queste è l’appuntamento fisso con la signora delle camicie al sabato mattina alle 12 in punto.
Una sorta di confronto esatto con il mondo. Un appuntamento in cui si realizza un clamoroso capovolgimento, o almeno a me piace pensarlo così.
L’episodio è assimilabile per certi versi con l’incontro con lo psicoanalista, ma ha l’effetto diametralmente opposto. Io frequento la signora delle camicie per disimparare.
Per conoscere un punto di vista sul mondo lontanissimo del mio, che non mi dica assolutamente nulla di me.
Così per anni abbiamo parlato di amore, ossessioni, delle cattive condizioni meteo, dell’impermeabile di Ferruccio De Bortoli e perfino del compagno della signora sessantenne che fa la stiratrice nella sua lavanderia.
Una commistione di luoghi comuni, di piccole insignificanti certezze, di rassicurante banalità.
Io la frequento per questo, semplicemente perchè mi racconta il mondo come lo vedono tutti, fatto di bene e male, giusto e ingiusto, una versione semplificata.
Un surrogato ecco.
La amo quando si infervora, vorrebbe convincermi che il mondo va così, che l’amore è l’amore, che bisogna pur andare avanti, ed io l’ascolto estasiato.
Alle 12.30 squilla il telefono puntuale come una sveglia, è sua madre che l’invita al pranzo domenicale.
Io sorrido, faccio un cenno di saluto e vado via.

Standard